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Nella stanza di Barbablu’

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Incontrarmi, in questo spazio,

tra croste di luce di lampadari spenti,

arrugginiti come stanche rotaie,

mentre il serpente dell'impaurito dolore

lacera la gola.

 

C'è puzzo di carogne,

onnipresenti spettri ebbri

inumidiscono di bile

i pavimenti, scuri

come mosaici scollati.

 

Il calore è un forno elettrico.

 

Sagome di gesso e tufo, stanno

appollaiate sulla cassetta dei risparmi.

 

Sulle assi portanti del dolore,

onnipresente come un ragno

attaccato al mio sesso di bambino-nato-femmina,

memorie fatte a pezzi,

scollate come vecchie fotografie,

trasudano inquietanti requiem.

 

Il vuoto mi mangia da dentro

come un feto maledetto,

ripetendo voci scollegate

da un telefono rotto.

 

Solo una libellula, blu

salta nel buio.

 Giovanni Rossato - 29/11/2020 22:14:00 [ leggi altri commenti di Giovanni Rossato » ]

Si, l’orrore gocciola da questi versi, l’orrore di una identità perduta quella di un uomo che diviene solo odio e quella di un bambino nato femmina.
Grazie

 Salvatore Pizzo - 29/11/2020 02:21:00 [ leggi altri commenti di Salvatore Pizzo » ]

Un orrore gocciola da questi tuoi versi, mia cara Annalisa. Un orrore dalla stanza di un "macellaio" che, prima di tutto ha macellato se stesso, svuotandosi d’ogni singolarità. Proprio per diventare un asessuato signor nessuno. Perciò in grado di perpetrare l’orrore... Almeno, così l’ho letta. In ogni caso chiedo venia se ho travisato. Ma è che l’ho sentita assai.
Un caro saluto

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